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Colesterolo e rischio infarto: Perchè affidarsi alla Medicina Funzionale.

Secondo l’American Heart Association il valore desiderabile di LDL (colesterolo “cattivo” come lo chiama qualcuno) deve essere uguale o inferiore a 100 mg/dl. Eppure, in uno studio condotto tra il 2000 e il 2006 è emerso che il 59% dei pazienti presi in esame, con infarto miocardico, aveva livelli di LDL al di sotto dei 100 mg/dl (1). Purtroppo si è scoperto che gli esami convenzionali a cui siamo abituati non sono sufficienti per prevenire l’infarto in molti soggetti. La Medicina Funzionale offre degli esame innovativi che non misurano solo il classico LDL ma anche le dimensioni di tali particelle aumentando notevolmente la capacità di individuazione del rischio di infarto così da poter intervenire con dieta, attività fisica, riduzione dello stress ed integratori e contrastarne l’insorgenza.

Per spiegarvi meglio, immaginiamo il colesterolo LDL come dei palloncini.
Con le tecniche di esami convenzionali, il laboratorio di analisi li scoppia tutti e poi ne pesa il contenuto dandovi il valore numerico che leggete accanto a l’LDL (LDL-C), nel normale referto.
I laboratori d’avanguardia di medicina funzionale, invece, non solo studiano il peso del contenuto dei palloncini, ma vi riferiscono anche il numero e le dimensioni dei palloncini (particelle di LDL-P). Può succedere quindi che ci siano due persone con dei palloncini contenenti lo stesso peso di LDL, ma una ne ha 3 grandi, mentre l’altra ne ha 6 più piccoli. In questo caso occorre fare i dovuti distinguo: il soggetto che, pur avendo un peso di LDL-C ritenuto normale,  ha un elevato numero di palloncini di piccole dimensioni (LDL-P), ha anche un aumentato rischio di infarto, rientrando in quel 59% di pazienti che hanno un infarto con livelli normali di LDL (2).
Ben 2/3 dei pazienti con elevato rischio cardiometabolico e con LDL-C inferiore a 100mg/dl, ha un’aumentata LDL-P.

Questo significa che, tramite la medicina funzionale e la diagnostica avanzata che utilizza, si può intervenire meglio nella prevenzione dell’infarto e ciò avviene col controllo dell’alimentazione, l’integrazione e l’attività fisica, anche in quei pazienti che non riceverebbero terapia stando alla medicina convenzionale.

Dott.ssa Federica Marinelli